Realistica, Astratta, Organica e Geometrica: Una Mescolanza Di Forma All’Aperto

Gallery

This gallery contains 5 photos.

                         (\(\ =(o,o)= <(Mi piace molto l’arte!) o_(“)(“)anche spero      

Intervista con Marta Ceroni, direttrice dell’Istituto Donella Meadows

Marta Ceroni, di Parma, è la direttrice dell’Istituto Donella Meadows. Un’ amante dell’ambiente, La Signora Ceroni si è trasferita dall’Italia agli Stati Uniti, dove ha fatto carriera nel settore del Economia Ecologica. Ho incontrato Signora Ceroni davanti a Collis, Giovedì 1 Ottobre, e abbiamo parlato un po’ della sua carriera e della sua vita personale. Ho imparato l’importanza dei modelli mentali per creare cambiamento. Parlare con qualcuno al di fuori della “dartmouth bubble” è stato affascinante. Avrei dovuto chiedere più domande riguardo alla sua vita ad Hanover, perché la maggior parte della nostra intervista è stata incentrata sulla sua carriera e missione professionale. — Wes Kendrick, 1 Ottobre 2015

Mi può parlare un po’ della sua formazione, e di cosa fa per lavoro?

Ho studiato biologia, e poi sono diventata un Ecologa Forestale all’Università di Parma. Avevo una formazione naturalistica. Sono interessata del Economia Ecologica, quindi fattori che influenzano la perdita della biodiversità. È un integrazione di ecologia ed economia.

Dopo il mio dottorato a Parma mi sono trasferita a lavorare all’Università del Maryland, e poi dal Maryland mi sono trasferita all’Università del Vermont, e ho lavorato come ricercatrice e insegnante, e poi da tre anni, invece, lavoro come direttrice di una piccola organizzazione non-governativa, l’istituto Donella Meadows, a Norwitch.

Donella Meadows è stata una delle fondatrici del movimento ambientalista negli stati uniti.

Mi può parlare un po’ di Donella Meadows?

Era l’autrice principale di un studio molto importante negli anni ’70, si chiama I Limiti dello Sviluppo. È stato fatto a MIT. Dice che non possiamo far crescere l’economia e la popolazione umana in un maniera esponenziale quando abbiamo, infatti, dei limiti fisici sulla terra. Poi, pero, gli autori, sono stati attaccati in vari modi, sia da politici sia da scienziati. I tempi non erano ancora maturi per il messaggio. Quindi lei e suo marito si sono trasferiti qui al Dartmouth college, dove hanno insegnato per quasi trent’anni.

Posso dire tante cose su di lei!

Sostenibilità è spesso un concetto astratto – cosa fa l’istituto per concretizzarlo? Progetti specifici?

Sono due filoni – il primo: pensieri sistemici. Abbiamo bisogno di una mente diverso dalla mente che ha creato i problemi di oggi. Come capiamo i problemi? Dove sono i punti di cambiamento. Modelli mentali. Quali sono i punti di intervento in un sistema che possono causare il maggior cambiamento con le minime risorse?

Perché più che altro, sono problemi mentale. Poi, le azioni sono successive.

Si, questa è un’idea su cui Donella ha lavorato parecchio. Come disegniamo e costruiamo le nostre strutture, sia nelle nostre organizzazioni, sia nelle strutture fisiche. È un ‘leverage point’ più che altro.

Il secondo – applicare quest-idea alla nuova economia. Quali sono modelli che esistono al momento che hanno valori diversi, modelli mentali diversi, e quindi abbiamo scelto il Vermont, dove ci sono tante di queste dimostrazione e tanti esempi che si stanno sviluppando in direzione di un’economia diversa.

Quali sono gli obiettivi per il futuro dell’istituto? 10 anni nel futuro?

Un aspetto importante è che la tradizione del pensiero di Donella Meadows rimanga intatta nel tempo. Questo è una distinzione fra noi e altri gruppi.

Vogliamo educare la prossima generazione, cosi diventeranno nuovi change makers. Dare a loro gli strumenti, cosi possono risolvere i nuovi problemi nel futuro.

Volevo cambiare il tema un po’ e parlare della sua cittadinanza italiana. Crede che la sua cittadinanza Italiana abbia influenzato la sua vita professionale? In quali modi?

Io sono venuta dall’Italia agli Stati Uniti nel ‘97 con l’idea in mente di eliminare tutti i mei preconcetti sull’America. Non volevo venire con tutto quel bagaglio di pregiudizi sulla gente.

Molto progressivo!

Eh, si, quindi ho cercato in tutti i modi di liberarmi e venire qui come una tabula rasa.

Devo dire che poi, però, venendo da una cultura che è molto connesso e molto amante dei gruppi e delle relazioni, ho avuto una shock culturale.

In che senso?

Sono venuto in un posto che non era esattamente un posto ideale. Il Maryland e un posto un po’ rurale, decentrato, non c’è lo stesso senso di communita come in Italia.

La cultura è meno caldo, soprattutto nei sobborghi.

Però, ho avuto la fortuna di partecipare in questo gruppo molto internazionale, si chiama the Institute for Ecological Economics, che è nata all’Università del Maryland. E poi mi sono trasferita dopo un po’, con tanti altri colleghi dal UMD, ad Vermont.

Quando ho scoperto il New England, un po’ la mia vita è cambiata. Il New England invece ha la cittadina, la città come centro organizzativo. E anche ha un senso di communita molto più forte. E allora ho capito che le parti dell’America non sono tutti uguali.

Come l’Italia in questo senso. Napoli è molto diversa da Milano …

Si si.

Vengo percepita come qualcuno che può avere una prospettiva diversa. Quindi non sono provinciale. E anche c’è quell’elemento della mia curiosità internazionale. Ma a volte sono io la curiosità, a volte sono io il soggetto J

Mi può parlare un po’ del paesino di Hanover?

Hanover per me è un punto di passaggio perché io vivo a Enfield e lavoro a Norwitch, (quindi il classico punto di passaggio). Quando mi fermo, vado ai ristoranti, al Hopkins Center, e al cinema.

Devo dire che avvolte sento che Dartmouth è cosi dominante che la gente si dimentica che questa è una communita, sia di studenti, sia di abitanti. A me sembra che i problemi considerati solo di Dartmouth college siano in realtà problemi della comunità intera. Il Moving Dartmouth Forward è un esempio di una problema trattato come se la comunità non esistesse.

Sarebbe bello se potessimo integrare tutti nella nostra comunità qui.

Ultima domanda – il clima, meglio qui o in Italia?

Dunque, intanto io non amo l’umido quando è freddo e l’umido quando è caldo. Insomma, da un certo punto di vista sono più contenta qui. Non amo il caldo afoso e umido.

Un po’ sorprendente!

Si, non sto bene quando c’è troppo caldo. Ultimamente in Italia, ci sono delle estati che sono caldissime. L’inverno qui, ovviamente, ha dei problemi: questi metri e metri e metri di neve che riceviamo, il fatto che non finisce mai, quasi sei mesi di neve! Mi lamento degli inverni lunghi però resto qui.

Grazie a lei per il suo tempo oggi!

No, grazie a te!