Lezione americana – visibilità

La lezione intitolata “Visibilità” tratta veramente del processo in cui si fa una transustanziazione dell’immaginazione nella realtà. Cioè, come arriva un’immagine eterea, che nasce nel cielo o nel cervello, nel mondo reale e corporeo è l’argomento di cui Calvino si occupa. Comincia il discorso con una piccola analisi dell’immaginazione nella Divina Commedia del gran poeta Dante Alighieri, facendo un’attenzione particolare al Purgatorio e la “cinema mentale” del pellegrino sulla cornice degli iracondi. A questo punto Calvino porta alla luce una distinzione del processo d’immaginazione secondo le due direzioni in cui potrebbe andare: dalla parola all’immagine e dall’immagine alla parola. Nella letteratura, la prima è quella più familiare e solito; noi lettori creiamo dalle parole scritte una visione del testo come se potessimo chiuderci gli occhi e e quando li riaprissimo ci sarebbe stata, davanti ai nostri visi, la nostra ricreazione mentale resa reale. Nel cinema, va nell’altra direzione; di fronte a noi spettatori sono le immagini che sono state realizzate dalla mentalità di un/una regista. Calvino menziona, ma non sviluppa, un ciclo che c’è fra questi due processi, un ciclo che assomiglia al paradosso dell’uovo e della gallina: tutti e due processi immaginativi influenzano e fa nascere l’altro. Mi fermo qui, altrimenti mi perdo in un saggio filosofico di quale è venuto prima.

Calvino passa a pensare alla visibilità da un altro punto di vista: quello letterario. “Da dove viene l’immaginazione” è una questione importante da farci secondo Calvino perché ne vale la pena dato che ci sia una nuova epoca letteraria in cui la “novità, l’originalità, l’invenzione” valgono più quasi tutto altro. Calvino dunque parla di e cita argomenti che riguardano le origini dell’immaginazione, come l’inconscio collettivo (concetto filosofico in cui ognuno può accedere una conoscenza universale a tutta l’umanità) e l’anima del mondo (concetto neoplatonico in cui l’immaginazione viene vista come comunicazione con l’universo stesso). Cosa ne pensa Calvino? Essendo molto diplomatico, Calvino pensa solo a dove sono venute le idee per i suoi racconti – e in questi casi un’immagine fa nascere le parole di un racconto che assumono più importanza e potere e arriva finalmente come la guida del racconto.

Calvino torna all’argomento che riguarda l’origine dell’immagine, ma questa volta nei confronti della nuova cultura mondiale di oggi. Cioè, alla tradizione o alla cultura di massa e i nuovi media che ci bombardano dobbiamo dare ringraziamenti? Chissà, richiama il paradosso dell’uovo e della gallina. Ma a proposito dei muovi media, Calvino parla della sua esperienza d’infanzia in cui guardava i comics importati dagli Stati Uniti e ne interpretava le immagini, seguendo la storia attraverso una serie di visuali. Ecco l’ispirazione del romanzo Castello dei destini incrociati, in cui i personaggi secondari, le carte, diventano i protagonisti che sviluppano la storia. L’idea di questo romanzo porta delle domande rispetto all’uso delle immagini nella letteratura. Esiste la possibilità di aggiungere le immagini nei romanzi, attraverso cui la fantasia o la realtà viene sviluppato? Secondo il lavoro di Calvino, come no.

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